Ricerca medica traslazionale e personalizzata, diagnostica clinica e assistenza

Ref. Prof. Francesco Curcio, Prof. Gian Luigi Gigli

Area tematica che sviluppa tecniche diagnostiche sofisticate che originano dalla ricerca molecolare fondamentale e che, identificando i punti critici dei processi metabolici, consentono lo sviluppo di strategie terapeutiche di precisione e personalizzate.


Ambiti di ricerca individuati al fine di definire se le malattie associate all’età siano parte integrante del processo di invecchiamento e se esista una differenza fondamentale tra questo e la progressione dei processi patofisiololgici:

  • Utilizzo delle conoscenze -omiche per la medicina di precisione
  • Epidemiologia delle demenze e fattori di rischio associati
  • Effetto della politerapia farmacologica sui disturbi cognitivi
  • Processi metabolici, cardiovascolari, neurovegetativi e cognitivi dell'invecchiamento della donna
  • Applicazione delle innovazioni tecnologiche alla diagnostica avanzata
  • Basi molecolari dell’invecchiamento e farmaci senolitici
  • Prevenzione e diagnosi precoce in età pediatrica per invecchiare sani
  • Sistema Immunitario ed invecchiamento
  • Esercizio fisico, patologie ed invecchiamento

(Programma del workshop - Abstracts del workshop) 

Workshop of the multidisciplinary group on ACTIVE AGEING

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il 15% delle persone sopra i 60 anni soffre di un disturbo psichiatrico, stima che sale ben oltre il 20% se si tiene conto delle problematiche comportamentali ed affettive secondarie a patologie neurologiche e a demenza. L’insorgenza di tali disturbi assume caratteristiche peculiari e risulta spesso di difficile gestione da parte dei familiari e delle figure che in prima persona si prendono cura del malato. La presenza di sintomi affettivi e comportamentali si associa spesso a un maggior carico assistenziale da parte del caregiver con peggioramento della qualità di vita tanto del familiare quanto del paziente stesso e conseguenti maggiori costi sanitari e maggiore probabilità di istituzionalizzazione. Se da un lato è ben evidente la correlazione tra questi sintomi e il disagio del caregiver, ancora pochi sono gli studi orientati ad analizzare come i comportamenti di quest’ultimi possano influire sui sintomi dei pazienti stessi. Secondo alcuni autori i comportamenti e le strategie di coping messe in atto dal caregiver rappresentano il fattore predittivo più importante per l’outcome del paziente. Esiste però una limitata letteratura in tal senso, e ancora più limitate appaiono le proposte di intervento sui familiari finalizzate alla loro psicoeducazione e alla implementazione di stili familiari favorevoli.
Presentiamo brevemente gli obiettivi e i metodi di uno studio volto a incrementare le capacità di gestione degli anziani da parte dei loro familiari e caregiver. Lo studio si propone di valutare l’esito di interventi di psicoeducazione rivolti ai caregiver, attraverso un confronto tra caregiver che hanno ricevuto l’intervento psicoeducativo e caregiver che non hanno ricevuto tale intervento.
L’ ipotesi posta è che i caregiver che hanno partecipato ai gruppi di psicoeducazione (CP+) presentano una migliore percezione dei loro congiunti rispetto ai caregiver che non hanno partecipato a tali gruppi (CP-). Accessoriamente, si verificherà se esiste un miglioramento a carico della sfera affettiva e comportamentale dei pazienti anziani, i cui caregiver hanno partecipato alla psicoeducazione.
Il campione verrà selezionato dalla popolazione afferente all’Ambulatorio dei disturbi affettivi e comportamentali dell’anziano presso la Clinica Psichiatrica dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine.
Lo studio recluterà 84 caregiver. La psicoeducazione prevede cinque incontri di un’ora, strutturati come segue:
Un incontro di introduzione teorica, incentrato sulla descrizione dei disturbi comportamentali ed affettivi associati al deterioramento cognitivo dell’anziano
Tre incontri di strategie psicoeducative di comunicazione e di gestione del comportamento del soggetto anziano
Un incontro incentrato su indicazioni di natura infermieristica.
Lo studio prevede di utilizzare una batteria di strumenti da somministrare al caregiver, per valutare le strategie di coping, il livello di emotività espressa, il funzionamento familiare, la qualità di vita e la presenza/assenza di ansia e depressione.

Una variante del gene BPIFB4 è associata recessivamente con longevità estrema. Parte degli effetti protettivi della variante associata alla longevità (LAV)-BPIFB4 viene esercitata sul sistema cardiovascolare. Pertanto, abbiamo valutato l’impatto che LAV-BPIFB4 esercita sull’ischemia cardiaca cronica, nell’uomo, per verificarne l’importanza terapeutica.
Sono stati studiati 40 cuori di pazienti trapiantati per insufficienza cardiaca allo stadio terminale di origine ischemica. 7 erano omozigoti per BPIFB4-LAV. 10 cuori donatori sono stati impiegati come controlli. Sebbene le comorbidità ed i dati demografici non differiscano tra pazienti non omozigoti e pazienti omozigoti, il tempo trascorso dall’infarto miocardico al trapianto era significativamente più lungo per i pazienti omozigoti di LAV (175 ± 93 vs 89,3 ± 75 mesi, p = 0,023). Per quanto riguarda i controlli, BPIFB4 era significativamente meno espresso nei cardiomiociti cardiaci dei pazienti. I pazienti omozigoti mostrano una frazione significativamente più bassa di miociti apoptotici e senescenti associati a ridotti livelli di lipoperossidi e livelli più alti di Parkin. Per aggiungere dati funzionali, abbiamo studiato periciti cardiaci (CPc) PDGFR - PDGFR + NG2+ Tbx18+ coltivati sia da atri normali (CPc-norm, n = 10) che da cuori ischemici (CPc-fail, n = 7). Il gene BPIFB4 era significativamente più espresso nelle CPc-norm rispetto a CPc-fail. La downregolazione dell’espressione di BPIFB4 nelle CPc-norm ha aumentato significativamente la proporzione di cellule H2AX+ Ki67- senescent. Al contrario, l’aggiunta della proteina ricombinante LAV BPIFB4 alle colture di CPc-fail ha ridotto significativamente il tasso di cellule senescenti. Specificamente, LAV - BPIFB4 ha ridotto significativamente, nei CPc-fail, l’accumulo di lipofuscine, l’accumulo di mitocondri allungati / interconnessi e l’aumento dei livelli di anione superossido mitocondriale.

Biological ageing can be thought of as a progressive decline in the function of the cells of an organism, ultimately resulting in senescence. In recent years, there has been a considerable development towards a better understanding of the underlying causes of ageing. These include genome instability and mitochondrial dysfunction as major elements. Both are associated with increased oxidative stress generated by free radicals. Ageing is the highest risk factor for age-associated diseases such as cancer (Liguori et al., 2018). In order to prevent or treat cancer, it is essential to understand the fundamental changes associated with the ageing process. The DNA damage is emerging a driver of ageing being a common feature of cancer development. In our Lab, we study the role of DNA repair pathways as molecular basis of cancer. Recently, we demonstrated that one of the Base Excision Repair pathways enzyme, i.e. APE1, is involved in the telomeres’ stability (Burra et al., 2019) is plays an essential role in ageing cells. Indeed, the mechanisms underlying ageing are complex and heterogeneous and may entail patient-specific features, like tumors. Organoids are a 3D culture of a simplified version of an organ maintaining self-renewal and differentiation capacities (Fatehullah et al., 2016). In our laboratories, we have settled a scalar model of organoid reconstituted with immune and non-immune cells that allows us to investigate the relationship of epithelial cells with intestinal microenvironment. This will provide, an ex vivo model, to investigate the intestinal permeability and the immune response in different tumors and diseases not related to ageing. Organoids may be used to advance our knowledge of disease mechanisms and to personalized precision medicine (Cristobal et al., 2017). Moreover, organoids and reconstituted organoids have a special property to mirror the key-features of the original patient’s tissue (Ohta et al., 2014). Thus, they represent an ideal tool to study the potential molecular causes of ageing and the roles that many different factors might have in contributing to cell loss and tissue decline with age. During this workshop, patient-derived intestinal normal and cancerous organoids will be presented as a new model study for precision medicine in healthy ageing and we will show how modern Next Generation Sequencing approaches may be of help in personalized medicine.

Le patologie cardiovascolari sono la principale causa di morte a livello mondiale soprattutto nel paziente anziano. La prevenzione della malattia cardiovascolare ha portato negli anni a migliorare il riconoscimento delle persone a rischio e ad attuare interventi per rallentare lo sviluppo e la progressione della malattia. I fattori di rischio cardiovascolare come l’ipertensione, il diabete, le dislipidemie, l’obesità, il fumo di sigaretta e la vita sedentaria contribuiscono allo sviluppo della malattia cardiovascolare ed interventi rivolti a prevenite le cattive abitudini dello stile di vita ed il trattamento dei fattori di rischio è una parte fondamentale alla lotta di questa malattia. Gli acidi grassi polinsaturi della serie omega-3 hanno dimostrato avere un ruolo protettivo sull’apparato cardiovascolare. In prevenzione primaria questi acidi hanno dimostrato di ridurre i livelli di pressione arteriosa e trigliceridi ed in prevenzione secondaria di prevenire la morte improvvisa aritmica post-infartuale. Comunque, diversi studi di mortalità condotti nel tempo hanno dato esiti discordanti circa la reale efficacia di questi acidi grassi. Recentemente il trial REDUCE- IT ha nuovamente portato alla ribalta l’uso degli omega-3 dimostrando effetti positivi dell’acido eicosapentaenoico sull’endpoint composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico, ictus, rivascolarizzazione coronarica o angina instabile. L’uso di 2 g di questo omega-3 riduceva del 25% l’occorrenza dell’endpoint rispetto al non uso. L’obiettivo del progetto che si vuole realizzare nell’ambito del gruppo multidisciplinare Active Ageing è quello di valutare l’effetto dell’integrazione alimentare di acidi grassi omega-3 in termini di incremento relativo del contenuto tissutale di acido eicosapentaenoico sul controllo dei fattori di rischio cardiovascolare, sullo sviluppo e progressione del danno d’organo cardiovascolare e sull’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori. Il progetto potrebbe comprendere collaborazioni all’interno del gruppo multidisciplinare soprattutto nell’ambito agro-alimentare ed economico.

L’amililoidosi da transtiretina (TTR) è caratterizzata dalla deposizione di fibre amiloidi in vari organi e tessuti. La patologia, a esito fatale e a rapida progressione è considerata rara, nelle sue forme familiari (hTTR). Ad oggi si conoscono un centinaio di mutazioni associate a forme patologiche distribuite in maniera uniforme lungo la catena polipeptica della TTR. Invece, quando la proteina precursore è la TTR wild- type la malattia (ATTRwt) si manifesta in età avanzata (> 65 anni) con coinvolgimento principalmente a livello cardiaco. L’avanzamento dell’età della popolazione e il miglioramento della capacità diagnostica sta progressiva- mente vedendo un aumento del numero di casi riconosciuti. Da studi autoptici era già nota, da tempo, la presenza di fibre amiloidi derivanti da transtiretina nel 25% dei cuori di persone anziane. Gli approcci terapeutici per il trattamento dell’amiloidosi da TTR si basano principalmente sulla stabilizzazione della proteina precursore da parte di ligandi e molto recentemente sulla riduzione dei suoi livelli di espressione. La TTR è una proteina tetramerica le cui funzioni naturali sono il trasporto dell’ormone tiroideo T4, e del retinolo. I due siti di binding della tirossina, che si trovano posti simmetricamente al- l’interfaccia dimero/dimero, hanno la caratteristica di accomodare un notevole numero di ligandi ponendo le basi per lo sviluppo di farmaci in grado di stabilizzare il tetramero. Ad oggi il tafamidis, un ligando monovalente è stato introdotto con qualche successo in terapia, tuttavia non è in grado di abrogare la progressione della malattia. È interessante notare che le numerosissime strutture ai raggi X che sono state determinate per la TTR negli ultimi 30 anni, per la forma wt, numerose varianti e complessi non evidenziano differenze strutturali apprezzabili in grado di spiegare le differenze di amiloidogenicità. In questo studio abbiamo voluto testare il comportamento della TTR in soluzione attraverso spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (NMR) nella forma apo e complessata sia a ligandi monovalenti che a ligandi bivalenti. Questi ultimi infatti mostrano, in vitro, una maggiore capacità di inibizione dell’aggregazione. Lo studio NMR mostra che la presenza di ligandi non solo influenza i siti di legame, ma anche ha un effetto conformazionale a lungo raggio.

L’espansione locale delle neoplasie, la metastatizzazione e il ruolo del prcesso infiammatorio e del sistema immunitario sono ancora fenomeni in gran parte poco chiari. Recentemente, è stato proposto che gli esosomi mantengono l’omeostasi cellulare attraverso la rimozione del DNA citoplasmatico dalle cellule. È stato inoltre dimostrato che gli esosomi rilasciati da cellule tumorali contengono grandi frammenti di dsDNA che riflettono lo stato mutazionale delle cellule parentali. Lo scopo del nostro progetto è verificare l’ipotesi che gli esosomi tumorali, sotto l’influenza del microambiente infiammatorio e attraverso l’incremento da questo indotto sulle loro proprietà soppressive dell’infiammazione e della risposta immunitaria e sul trasferimento di DNA mutato, siano in grado promuovere l’espansione locale della neoplasia e la formazione delle metastasi. Lo studio permetterebbe di individuare un meccanismo del tutto nuovo di progressione tumorale e modificherebbe in modo determinante le strategie terapeutiche. Il gruppo di ricerca ha già recentemente dimostrato che il microambiente pro-infiammatorio aumenta il potenziale immunosoppressivo degli esosomi rilasciati dalle cellule staminali in coltura (Domenis R et al. Sci Rep. (2018) 9;8:13325) e che la stimolazione del TLR4 mediante LPS è in grado di aumentare il potenziale immunosoppressivo degli esosomi rilasciati dalle cellule tumorali (Domenis R et al. Sci Rep. (2019) 11;9(1):8457 da cancro del colon in particolare. Inoltre, dati preliminari hanno evidenziato che la stimolazione delle cellule tumorali promuove il packaging del DNA mutato all’interno degli esosomi e che la mutazione viene efficacemente trasferita dagli esosomi tumorali in cellule riceventi normali. Lo studio è inoltre finalizzato all’analisi dello stato mutazionale del DNA esosomiale derivate da siero di pazienti oncologici al fine di valutarne l’utilità clinica per l’identificazione delle mutazioni e per il monitoraggio della risposta terapeutica.

Le terapie cellulari non rappresentano più solo una interessante prospettiva per il futuro ma sono ormai utilizzate in diversi contesti di cura e rappresentano un settore industriale nel mondo delle terapie innovative in forte crescita: esistono ormai decine di applicazioni terapeutiche già approvate per l’utilizzo nell’Uomo, numerosi sono i trial clinici in corso e oltre 700 le Società che stanno sviluppando nuovi prodotti. Si tratta di un ambito regolamentato dalle agenzie regolatorie nazionali (AIFA in Italia) e sono inquadrate nel contesto degli Advanced Therapy Medicinal Products (ATMP). Nonostante ne sia ormai comprovata l’efficacia e la sicurezza, in particolare di quelle autologhe, restano da risolvere alcuni aspetti quali la manipolazione delle cellule in vitro, la loro caratterizzazione e sicurezza e, soprattutto, agli alti costi di produzione, la bassa produttività attuale e la variabilità nel processo produttivo, oggi completamente manuale. Il nostro gruppo, in collaborazione con una Società nata come spin off dell’Università di Udine, in seguito acquisita da un importante gruppo industriale USA, sta avviando la sperimentazione del trattamento dell’osteoartrosi mediante le cellule staminali autologhe derivate dal tessuto adiposo che vengono trattate in vitro mediante dispositivi automatici per le colture cellulari che ne assicurano la qualità e abbassano in modo molto consistente i costi. Altre applicazioni sono la coltura di cellule autologhe per l’immunoterapia dei tumori, la terapia dei difetti cutanei e altre ancora. In particolare, le patologie infiammatorie e degenerative delle articolazioni degli arti inferiori, (ginocchio e anca) rap- presentano un problema di salute molto significativo e diffuso nella popolazione, soprattutto con l’aumentare dell’età, un problema che, nel corso degli anni, porta spesso alla distruzione delle cartilagini articolari e alla necessità della protesizzazione. La terapia con le cellule staminali autologhe prodotte in laboratorio può essere (come dimostrato da alcuni studi preliminari e da alcune sperimentazioni cliniche) una soluzione alternativa ma potrà essere diffusa e conveniente solo utilizzando processi produttivi che consentono di evitare la necessità di produrle manualmente.

Ageing is accompanied by profound changes in the immune system mainly represented by the progressive decrease of immune cell functions as well as by a nonspecific state of chronic inflammation. The reduced ability of older people to mount an effective immune response increases the morbidity and mortality to infections, reduces efficacy of vaccination, impairs tolerance mechanisms and tumor surveillance. Several studies documented age-related intrinsic defects in B and T cells and profound dysregulations of innate immune cell functions in old individuals. However, studies on the effect of ageing on immune regulatory cells are lacking. Immune regulatory cells include cells of the innate immune system, called myeloid derived suppressor cells (MDSC), and of the adaptive immune system (Treg and Breg), that possess suppressive activity. These cells are implicated in many aspect of the immune response, ranging from the control of the peripheral tolerance to the limitation of the immune reaction against specific antigen. In the past we deeply investigated these cells in several pathological contexts demonstrating that their ability to control the immune response depends on the expression of specific costimulatory molecules.
The aim of the project is to characterize Treg, Breg and MSDC in young (<40 years), adult (40-60 years) and old (>60 years) subjects, in terms of frequencies, functionality, and phenotype. The levels of peripheral blood Treg (CD4+CD25+CD127dimFOXP3hi), Breg (CD19+CD24hiCD38hi), and monocytic and granulocytic MDSC (CD11b+CD33+HLA-DR-CD14+ and CD11b+CD33+HLA-DR-CD15+ respectively) in subjects of different ages will be compared. When possible, Treg, Breg or MDCS will be purified by cell sorting and their suppressive ability and cellular senescence will be evaluated. Then, the expression of stimulatory (CD40, OX40, CD137) and inhibitory immune checkpoints (PD-1, PDL1, ICOS, LAG-3, TIM-3, B7-H3, TIGIT, VISTA) will be investigated. Finally, we will compare results of elderly donors with or with- out a history of cancer. As immune checkpoints are novel promising target for cancer treatments, the results of this study will give new insight on the effect of ageing on immune system and will help to better define personalized therapy in oncologic elderly patients.

Il graduale invecchiamento della popolazione è destinato ad incrementare la rilevanza sanitaria e sociale di patologie neurodegenerative quali malattia di Alzheimer, degenerazione lobare frontotemporale, malattia di Parkinson e malattia a corpi di Lewy diffusi. Gli attuali criteri diagnostici clinici risultano mutuamente esclusivi; tuttavia, recenti studi basati su diagnosi autoptica (considerata tuttora il gold standard diagnostico) evidenziano la frequente compresenza di multiple patologie neurodegenerative negli stessi soggetti. Tale dato rivestirà un ruolo determinante nella pratica clinica, quando una diagnosi di patologia basata su biomarcatori sarà necessaria per poter offrire terapie in grado di modificare il decorso di malattia.
Il gruppo di ricerca si propone di istituire una biobanca contenente campioni di siero e liquor cefalorachidiano di pazienti affetti da patologia neurodegenerativa. Su tali campioni verrà effettuato il dosaggio di un pannello di molteplici biomarcatori (Tau, P- Tau181, - Amiloide (1-42), -Amiloide (1-40), catene leggere e pesanti dei neurofilamenti, TDP-43 ed -sinucleina) mediante tecnologia immunoenzimatica ultrasensibile (Quanterix SIMOA®; Billerica, MA, U.S.A.). Verranno inoltre analizzate sugli stessi campioni le caratteristiche degli esosomi e dei ncRNA circolanti. Ciò permetterà di creare un profilo di neurodegenerazione ad ampio spettro che indichi nel paziente la presenza di singola o multipla patologia. Tale profilo individuale verrà poi correlato con le caratteristiche cliniche e con le comorbidità endocrino-dismetaboliche dei soggetti arruolati con lo scopo di chiarire i meccanismi patogenetici dei singoli quadri patologici.
La conservazione dei campioni all’interno della biobanca, unita ad una dettagliata caratterizzazione clinica e demografica, consentirà di condurre analisi interdisciplinari di carattere clinico, epidemiologico, genetico e farmacologico grazie anche all’uso di metodiche di analisi avanzata dei dati.

L’indipendenza funzionale quale indicatore proxy di una ‘vita attiva’ sta acquisendo particolare rilevanza nelle Case di Riposo (CdR): la dipendenza in alcune attività di vita quotidiane (ADL) è proprio la principale causa di ammissione assieme al declino co- gnitivo. La successiva permanenza media di un ospite nella CdR è stata stimata recentemente in due anni e mezzo: in questo intervallo, promuovere l’indipendenza residua e massimizzare la Qualità della Vita (QoL) è una priorità dei professionisti, della governance delle strutture e dei policy-maker.
Accanto a fattori individuali (es. di- pendenza secondaria al declino cognitivo), ed a quelli associati alle cure infermieristiche come la quantità di risorse nonché il tipo di approccio al caring (proattivo - ‘stimolare l’utente ad essere indipendente’ vs. compensativo ‘task-and-time, in cui per risparmiare tempo gli operatori si sostituiscono al residente ad es. imboccandolo-), il ruolo dell’ambiente delle CdR sta assumendo progressiva rilevanza nella sua capacità di massimizzare l’indipendenza o, al contrario, di minacciarla.
In accordo al modello teorico di Lawton e colleghi (2000) per un individuo anziano il mantenimento dell’indipendenza e della QoL è associato anche al grado di congruenza tra le sue capacità e le richieste ambientali. Ad esempio, quando gli anziani con declino cognitivo si confrontano con ambienti di CdR rumorosi e poco illuminati, riportano maggior rischio di confusione/agitazione e dipendenza nelle ADL; diversamente, CdR basate su ambienti semplici in cui tutte le utenze sono facilmente visibili ed accessibili (es. bagno, sala da pranzo), riportano una occorrenza inferiore di disturbi comportamentali; inoltre, le CdR che scelgono arredi capaci di creare un ambiente familiare, hanno riportati migliori outcome nelle ADL, nella socializzazione e tono dell’umore degli ospiti.
Intorno agli anni ‘90, ispirandosi a queste basi teoriche, un gruppo di ricercatori statunitensi ha descritto gli elementi che rendono l’ambiente di una CdR ‘terapeutica’ oggettivandoli successivamente in una check-list (TESS-NH, Soane et al., 2002). Tale check-list, che restituisce una volta compilata tramite osservazione diretta della CdR uno score di bassa o alta terapeuticità dell’ambiente, è stata validata anche in lingua italiana con buone proprietà psicometriche. Tuttavia, recenti revisioni sistematiche hanno suggerito l’aggiornamento di tale check-list che non include le ultime evidenze a disposizione; inoltre, alla sua validazione empirica in ampi campioni di residenti in CdR del FVG ha dimostrato che a certi score si associano effetti negativi, mentre ad altri effetti positivi sull’indipendenza nelle ADL (dopo aver aggiustato per varia- bili individuali), suggerendo l’idea che alcuni ambienti con certe caratteristiche producono un eccesso di disabilità nelle ADL. Da queste preliminari considerazioni, è necessario (i) riconsiderare la check-list considerando lo stato dell’arte delle evidenze sugli elementi ambientali che influenzano l’indipendenza nelle ADL e la QoL degli anziani che vivono in CdR; (ii) avanzare la ricerca nell’uso di tale check list individuando cut-off in relazione all’effetto sull’indipendenza funzionale. Pertanto, la finalità di questa linea progettuale multidisciplinare è di
(a) sviluppare e validare strumenti di misura della terapeuticità degli ambienti delle CdR con disegni longitudinali, assumendo quali end-point primari il grado di dipendenza nelle ADL e della QoL quali essenziali indicatori di una vita attiva e dignitosa; tale strumento potrebbe sostenere attività di etero ed autovalutazione da parte di organi regolatori e/o di governance di struttura per individuare e disegnare iniziative di miglioramento ambientale;
(b) disegnare e condurre studi comparitivi sul declino funzionale delle persone che vivono in CdR a povera o alta terapeuticità ambientale al fine di contribuire allo sviluppo di evidenze solide ed a successive raccomandazioni di policy.
(c) produrre evidenze capaci di sostenere concrete raccomandazioni per la pratica professionale, gestionale e di governo delle CdR sviluppando la ‘evidence-based design’ che ad oggi è ampiamente documentata in ospedale mentre conta poche esperienze a nelle CdR sia a livello nazionale che internazionale.

Ageing of the motor system is characterized by a decline in neuromuscular control and a progressive loss of muscle mass and strength (sarcopenia) leading to reduced mobility, increased risk of falls and of loss of independence. Age-related alterations in neuromuscular junction (NMJ) seem to play a key-role in the musculoskeletal impairment that occurs with ageing. Whether changes in the NMJ precede or follow muscle deterioration remains yet to be established. Mitochondrial dysfunction, oxidative stress, denervation/reinnervation of muscle fibers, and mechanical properties of the motor units probably play an important role in NMJ degeneration and in the decline of neuromuscular function in older age. Our project tackles neuromuscular ageing with a systems level approach, by taking advantage of a scientific team covering a broad range of expertise, from molecular to integrative and clinical expertise. The project addresses
1)the relationship between muscle denervation, reinnervation and sarcopenia and the underlying mechanisms
2) the impact of neuromuscular deterioration on motor function, physical performance and muscle aerobic metabolism
3) the reversibility of neuromuscular deterioration and oxidative metabolism impairment by exercise training and nitrate supplementation.
(Progetto PRIN 2017).

Background: Age-related Macular Degeneration (AMD) is a complex multifactorial condition affecting 21 million people worldwide. AMD is considered a leading cause of severe and irreversible visual loss in the developed world in patients aged over 55 years, and the third leading cause of blindness in the world. Inflammation, oxidative stress and lipid metabolism seem to be the most important factors in the pathogenesis of the disease. AMD results from a combination of genetic and environmental factors. The two major associated loci are complement factor H (CFH) and age-related maculopathy susceptibility 2 (ARMS2). AMD progression occurs either by neovascularization or retinal degeneration (geographic atrophy). Nowadays, treatment of neovascular AMD is based upon the use of “biological” compounds such as VEGF inhibitors. Some attempts in the treatment of geographic atrophy have been made by targeting the CFH.
Hypotheses: the project will be based on 2 main hypotheses: H1: the most common treatment for neovascular AMD is the use of VEGF inhibitors. However, there are at least one third of patients who do not recover lost vision or continue to lose vision despite treatment; therefore, genetics could play an important role in the therapyresponse. H2 stratify the patients with AMD through a genetic-based risk assessment can enable and guide otherwise ineffective therapeutical strategies aimed at preventing the disease progression in high risk subjects.
Aims: the two main hypotheses will be developed though a work package in which a NGS-based panel to identify pharmacogenetic variants that could defeat the treatment for AMD will be developed.
Specific project plan: patients with neovascular AMD, treated with intravitreal anti-VEGF drugs, will be included in the study and classified as responders and non-responders.
The responder group is defined as patients having an improvement of ≥1 lines after 12 months following the first anti-VEGF injection the non-responder group is defined as patients having a reduction of ≥1 lines. Genetic analysis will be carried out. A regression analysis, adjusted for confounding factors, will be then conducted to show significant associations. The project plan includes a sub-study investigating if there is significant association between genetic polymorphism and specific causes of vision loss, such as development of geographic atrophy, development of subretinal fibrosis, disorganization of the outer retinal layers.

Nell’area montana transfrontaliera Itaia/Austria, la diminuzione della popolazione residente e la progressiva crescita della componente anziana rappresentano debolezze che potrebbero sfociare in problematiche sociali e sanitarie. Esse risultano essere ancora più evidenti nelle aree più marginali del territorio (i.e. zone montane, piccoli paesi, ecc.). Il progetto MOVINSI, partendo da queste considerazioni di fondo, vuole promuovere il benessere e la socialità degli anziani dell’area Heuropen, stimolando la pratica di attività motorie e la socializzazione anche con l’utilizzo e il supporto delle più moderne tecnologie. Per raggiungere questo obiettivo il progetto mette in rete le competenze di attori diversi, quelle più scientifiche dell’Università di Udine, quelle tecnologiche dell’Institute for Applied Research on Ageing (IARA, Austria), quelle sociali dell’Azienda per i Servizi Socio Sanitari e dell’associazione ALSOLE (Austria). Il progetto prevede il reclutamento di un campione di persone anziane a cui verrà proposto di partecipare ad un programma di attività motoria monitorato da esperti del settore. L’anziano potrà sfruttare il programma per migliorare le proprie capacità fisiche, rinforzare la propria capacità di socializzazione, le sue conoscenze in materia di nuove tecnologie e migliorare la propria qualità di vita. MOVINSI si prefigge inoltre l’obiettivo di migliorare la cooperazione tra le strutture operanti nell’area transfrontaliera promuovendo lo scambio di informazioni e di conoscenze reciproche. Infine, il progetto ambisce a creare nuove proposte di lavoro per giovani laureati.
The population size reduction and the increase in the total number of old people are important features that characterize the Italy/Austria cross-border mountain area and might degenerate in social and healthcare challenges. These problems are amplified in the marginal areas of the regions. Based on these premises, the project MOVINSI aims at promoting wellness and sociability within the old population of the Heuropen area, by encouraging physical activity practise and socialization between individuals, using modern technologies. It will create a network of competences whose contributions will come from several actors: the scientific expertise of the “University of Udine”, the expertise in the technological field of the Institute for Applied Research on Ageing (IARA, Austria), and the social competences shared between the “Azienda per i servizi sanitari” and the “ALSOLE” institute. The project plans to recruit old people resident in the Heuropen area and ask them to participate into a physical activity program monitored by experts in the field of motor science. They will take advantage of being part of the program to strengthen their own ability to socialize and their competences in the field of modern technologies, thus increasing their quality of life. MOVINSI also aims at improving the cooperation between the institutions that are working in the cross-border area, promoting the exchange of information and technical knowledge among them. Finally, but not less important the project will create new job opportunities especially for young graduates.

L’invecchiamento della popolazione è accompagnato da un aumento del carico di malattie invalidanti e tra queste le patologie neurodegenerative del sistema nervoso centrale (CNS) e dell’apparato neuromuscolare sono in costante aumento. In primis le demenze, con prevalenza di Alzheimer e poi anche il Parkinson interessano un numero crescente di anziani. Oggi in Italia è affetto da demenza 1 over80enne su 4, ma nell’arco di 25 anni si stima che ne sarà interessato un over80enne su 2 raddoppiando la necessità di interventi terapeutici. La componente genetica in queste patologie gioca un ruolo rilevante ma è complessa ed eterogenea per cui solo una minoranza di casi clinici può essere ricondotta a mutazioni di singoli geni identificabili per diagnosi, prognosi ed approcci terapeutici. La stragrande maggioranza di queste patologie neurodegenerative vede coinvolti geni multipli e spesso comuni a forme cliniche invalidanti apparentemente diverse e che implicano sia demenza con coinvolgimento di aree diverse del CNS, sia malattia del motoneurone con coinvolgimento dell’apparato neuromuscolare (i.e. Sclerosi Laterale Amiotrofica-Parkinsonismo-Demenza). Il contributo che il laboratorio di Neurogenetica può offrire al progetto di un invecchiamento attivo è in stretta collaborazione con la componente clinica che vede e gestisce il paziente anziano. Il contributo muove su 2 fronti: 1. Promuovere una indagine multigenica dei soggetti sopratutto mediante l’uso di tecnologie di NGS (Sequenziamento di Nuova Generazione); 2. Contribuire alla ricerca di biomarcatori precoci di insorgenza e progressione della malattia in tessuti da biobanche (soprattutto liquor e sangue periferico). I risultati di entrambi gli approcci potranno contribuire a stratificare i pazienti in categorie cliniche disfunzionali più omogenee ma distinte allo scopo di disegnare approcci terapeutici precoci, personalizzati e per questo più efficaci.
The ageing of the population is accompanied by an increase of debilitating diseases and among these neurodegenerative diseases of the central nervous system (CNS) and of the neuromuscular system are constantly increasing. First of all demen- tias, with a prevalence of Alzheimer disease and then also Parkinson disease, affect a growing number of elderly people. Today in Italy 1 over 80 years old people out of 4 is affected by dementia, but the next 25 years it is estimated that 1 over 80 year old people out of 2 will be affected, doubling the need for therapeutic interventions. The genetic component in these pathologies plays a relevant role but is complex and heterogeneous so that only a minority of clinical cases can be traced to mutations of single genes. The vast majority of these neurodegenerative diseases involve multiple genes, often common to apparently different clinical forms marked by both dementia and motor neuron disease (i.e. Amyotrophic Lateral Sclerosis - Parkinsonism - Dementia). The contribution that the neurogenetic laboratory can offer to the project of an active ageing is in close collaboration with the clinician who manages and takes care of the elderly patient. The contribution moves on 2 fronts: 1. Promote a multigene subject survey especially through the use of NGS technologies (New Generation Sequencing); 2. Contribute to the search for early biomarkers of disease onset and progression in tissues of patients from biobanks (especially liquor and peri- pheral blood). The results of both approaches can contribute to the stratification of patients into more homogeneous but distinct dysfunctional categories in order to draw early, personalized and therefore more effective therapeutic approaches.

La GIA (Global Industry Analyst) ha stimato in oltre 16 miliardi di dollari la richiesta di biosensori nel mercato dei dispositivi medici, conseguenza di un’elevata attività di R&D. I biosensori sono strumenti in grado di fornire diagnosi accurate in breve tempo in varie aree. L’area medica, ed in particolare la diagnostica, è quella che vede la maggiore applicazione dei biosensori, che vengono impiegati in test point-of-care (POC). L’utilizzo di sequenze oligonucleotidiche come recettori dell’analita ha permesso l’ampliamento delle applicazioni, dal dosaggio e valutazione di markers clinici (i.e. markers tumorali), all’insorgenza di malattie immunomediate, agli agenti infettivi. Vi sono vari metodi di trasduzione, tra questi i sensori elettrochimici (amperometria, poten- ziomentria), ed i sensori ottici (SPR, Surface Plasmon Resonance) che impiegano sonde non marcate si sono dimostrati efficaci. Lo studio sulla funzionalizzazione di superfici ha permesso l’impiego di vari materiali, tra i quali, oro, vetro, carbonio, che hanno permesso l’utilizzo di sonde a DNA. Con lo sviluppo di nuovi materiali è stato possibile arrivare a biosensori indossabili, con funzioni sia diagnostiche sia prognostiche, legate al “benessere” della persona. Attualmente i biosensori possono funzionare anche in modalità wireless, permettendo connessioni in remoto, di conseguenza questo settore di ricerca può rappresentare un valido supporto al Active Ageing, in quanto in grado di assicurare il controllo di parametri importanti sotto il profilo medico per pazienti non ospitalizzati, che potranno essere seguiti e monitorati costantemente rimanendo a casa.

La stenosi valvolare aortica calcifica (CAVS) è una patologia degenerativa, congenita o acquisita, delle valvole semilunari aortiche. Caratterizzata da elevate morbilità e mortalità, da eziopatogenesi multifattoriale, insorge prevalentemente con l’avanzare dell’età (soggetti ultrasessantacinquenni), rappresentando un problema di sanità pubblica di rilevante impatto sociale.
Ad oggi, il trattamento della CAVS consiste esclusivamente nella sostituzione chirurgica della valvola patologica. Purtroppo, la durata funzionale dei sostituti valvolari è limitata nel tempo a causa dell’insorgenza di eventi calcifici, costringendo i soggetti che hanno subito il trapianto a sottoporsi a re-intervento sostitutivo nell’arco dei 10-15 anni, con considerevole rischio di mortalità peri-operatoria.
Studi condotti su lembi valvolari aortici di persone affette da CAVS o in lembi porcini assoggettati ad induzione calcifica in vivo mediante impianto in sottocute di ratto hanno portato alla individuazione di una particolare sequenza degenerativa a carico delle cellule interstiziali valvolari i cui esiti rappresentano la causa di- retta del processo calcifico.
Impiegando modelli in vitro originali di induzione calcifica basati sulla stimolazione di cellule interstiziali isolate da lembo valvolare aortico bovino con diverse concentrazioni di fosfato inorganico e/o agenti pro-infiammatori è stato possibile ottenere una fedele riproduzione in vitro dell’intero processo di calcificazione valvolare descritto in vivo.
La riproducibilità del fenomeno calcifico, garantita dalla standardizzazione dei modelli in vitro, permette di verificare gli effetti pro- o anti-calcifici esercitati da svariati fattori.
Gli studi proseguono con l’analisi delle risposte cellulari indotte dall’impiego di agenti che possano favorire o inibire la propensività calcifica da parte delle cellule valvolari, con potenziali ricadute in ambito terapeutico.

Background: the constant increase in life expectancy together with the concomitant improvement in healthcare is resulting in a gradual change of the senior population, which is now less fragile and more long-lived. As a matter of fact, the Friuli Venezia Giulia (FVG) breast cancer (BC) screening program covers indistinctively all women aged between 50 and 74 years, underlining the need to rethink the system by taking into consideration variables other than chronological age to adequately reshape the future of secondary prevention policies.
Hypotheses: H1 BC risk is often driven by the combination of polygenic factors. H2 there are pre-existing mammographic features that can be linked to a higher risk of BC onset (e.g. breast density, high risk BI-RADS B3 lesions). H3 a multiomics risk assessment is capable to better tailor the surveillance strategy and to detect those subgroups of subjects that could potentially benefit of a screening beyond the age of sixty-nine.
Project plan: Project Personal will be organized in 3 main WPs. WP1, task1.1 will develop a highly scalable genomic pipeline through the implementation of optimized SNP arrays that will be validated both on publicly available databases and through the design of an ad-hoc cohort to test the compatibility of the developed array with the genetic peculiarities of the FVG population. Task 1.2 will develop a polygenetic risk score based on the panel of task 1.1. WP2 will design an artificial intelligence tool based on deep neural networks that will be able to detect mammograms features linked to an increased risk of BC onset. WP3 will be a pilot study that will explore and validate a multiomics risk assessment (MRA) tool based on WP1 and WP2. The study will enroll subjects older than 65 years that will be stratified according to MRA for a prospective validation and to better define BC risk in older women. The project will be possible thanks to the multidisciplinary integration of high-level players in clinical research and healthcare.
Impact: Although having one of the highest compliance rates in Italy, the FVG breast cancer screening program involves all women between 50 and 74 without personalization. Project Personal will tailor the screening approach for the elderly population, avoiding late diagnosis and consequently ensuring the highest clinical management standards.

The broad concept of Active and Healthy Ageing (AHA) was proposed by the World Health Organization (WHO) as a process of optimizing opportunities for health to enhance quality of life as people age. Understanding the determinants of the trajectories of AHA across the life course is a priority. Reduction of health and societal inequities, development of effective novel prevention strategies and inclusion of sociodemographic and gender perspectives into projects and public health strategies should be taken into account to support AHA. Finally, all those actions aim at reducing societal and individual costs of an ageing population.
The province of Styria (Austria) has been accredited a “reference site for AHA” in 2016. The reference site currently holds three of four stars accredited by the European Commission for its activities in the field of AHA. In this context the work of public bodies, industry and enterprises and universities of the province had been aligned in their activities during the past years. Using a bot- tom-up network approach it was possible, to align capacities and strengths specific for AHA of many stakeholders in our region.
Medical University of Graz holds a bundle of different fields of expertise from prevention to clinical management of older people, as well as public health activities. Flagship projects, such as tackling chronic morbidities, tackling functionality by targeting sarcopenia, but also models of integrated care will be presented during the presentation. One of the regional projects coordinated by Karl- Franzen- University Graz, which aims at building an integrated platform for care of elderly, will be presented also in detail.
It is the aim of the presentation to give a comprehensive overview on current research activities in the field of Active and Healthy Ageing in the province of Styria with a special focus of capacities for future collaboration with Medical University of Graz and Karl-Franzens-University of Graz.